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Questo viaggio offroad è il frutto di molte esplorative enduro sugli Appennini; per molti mesi abbiamo viaggiato con le nostre moto, ogni volta aggiungendo una pista, un sentiero, una mulattiera nel tentativo di eliminare quanto più asfalto possibile dall'itinerario. Alla fine è nata questa traversata, 85% off road, che compie un anello perfetto sull'Appennino tosco-emiliano; i luoghi sfiorati dal tracciato sono: Monterenzio, Firenze, Prato, Pistoia, Garfagnana, Abetone, Pievepelago, Pavullo, Castel d'Aiano, Lagaro, Vergato, Monghidoro. Abbiamo voluto condividere l'esperienza con alcuni enduristi che la pensano come noi circa l'enduro sostenibile e rispettoso e si sono quindi uniti a noi Alex e Fabio. Tutti insieme abbiamo percorso piste, sentieri e mulattiere attraversando valli, passi in alta quota, boschi e passando da piccoli borghi quali Corniolo nei pressi di Firenzuola, Montefegatesi e San Mommè in provincia di Pistoia. Abbiamo alloggiato presso lo storico albergo Guidi a San Mommè e presso l'azienda agricola Belvedere a Pavullo. L'ottima compagnia, i bellissimi posti visitati, l'organizzazione perfetta dell'itinerario si sono rivelati ingredienti fondamentali per la buona riuscita dell'impresa. Abbiamo anche avuto alcuni problemi con le moto, risolti sempre grazie alla grande passione per i motori e per la meccanica. Ecco un breve resoconto del nostro viaggio.
 
         
         
 
 
         
         
 
 
Siamo partiti da Frassineta e subito abbiamo imboccato una bella mulattiera che si inerpica fino ad un crinale da cui si vede in lontananza il Passo della Raticosa. Nel bosco che sovrasta Firenzuola l'XR di Taddy improvvisamente si spegne e non vuol più saperne di rimettersi in moto. L'XR Dall'Ara ha, purtroppo, solo l'accensione elettrica, dunque non c'è modo di riaccenderla se l'impulso elettrico non arriva a destinazione. Togliamo caschi e guanti e controlliamo con cura ogni cavetto, ogni fastom, ogni collegamento. Ben presto troviamo un fusibile interrotto: una volta sostituito ripartiamo felici. Appena cento metri dopo, però, il problema si ripresenta e questa volta il fusibile è buono. Occorre quasi un'ora, la grande esperienza di Alex in fatto di motori e la caparbietà di tutti noi per capire che l'elettromagnete dell'accensione è difettoso. Decidiamo allora di bypassarlo: il fianchetto di plastica dell'XR finisce nel mio zaino e il morsetto che prima era collegato al magnete viene assicurato con un elastico alla moto, non troppo distante dal polo da toccare per l'accensione ma neppure troppo vicino ad esso per evitare scintille fuori controllo! L'accensione dell'XR ora è un vero spettacolo: scintillone nel bosco e via... si riparte!.
 
         
         
 
Dopo Firenzuola seguiamo belle ghiaiate larghe, veloci e polverose in direzione del lago di Bilancino e poi ancora oltre, sotto un bellissimo ed ancora caldo sole settembrino. Leggermente in ritardo sulla tabella di marcia sostiamo per un veloce piatto di tagliatelle ai funghi a Croci di Calenzano. Una volta rifocillati riprendiamo le nostre moto e rimescoliamo per benino il pranzo nei nostri stomaci su una mulattiera veramente pestifera... il nome? "Pietraia l'ira di Flavio"!! chi fosse questo Flavio non ci è dato sapere... ma di certo ne comprendiamo l'ira se anche lui si fosse trovato a passare di qua subito dopo pranzo!! Ma la fatica ed il sudore vengono ben presto premiati dalla meraviglia dei pascoli dei Prati Piani, un panorama maestroso si stende ai nostri piedi, Prato con le sue mille casette laggiù nella valle. Dopo tutta questa vastità torniamo nel sottobosco fresco ed ombroso, seguendo sentieri stretti ma ben puliti; quando le fronde degli alberi lo permettono, spuntano Prato e Firenze nella vallata sotto di noi. Seguono piste larghe e scorrevoli, quindi ancora sottobosco, questa volta con un fondo di foglie umide che lo rendono assai viscido. Terra battuta scorrevole e molto piacevole ci porta verso un crinale, percorrendo il quale ci gustiamo lo spettacolo di una splendida foresta, è la foresta dell'Acquerino! Spuntiamo sull'asfalto e lo seguiamo per un brevissimo tratto, per rituffarci subito nella natura seguendo un fiume, questa volta per un lunghissimo tratto in discesa. Arriviamo al paese di Spedaletto, col suo piccolo lago ed una fontana presso cui riempiamo i nostri water bag. Facciamo benzina poi alcuni chilometri di asfalto ci conducono fino all'imbocco di una pista che velocemente scende alle porte dell'incantevole San Mommè. Qui ci attende lo storico albergo appartenente da sempre alla famiglia Guidi, dove troviamo un'atmosfera arcaica che ci affascina. L'edificio risale al 1929 e già all'epoca vantava il primato di alloggio elegante e raffinato, con i servizi ai piani e l'acqua calda e fredda in tutte le stanze. Durante la seconda guerra mondiale venne requisito dalle SS, mentre la famiglia Guidi riuscì fortunatamente a scappare in tempo. Prima della loro ritirata, le SS minarono l'edificio e lo fecero saltare, così che ne rimasero in piedi solo due pareti. Nel 1949 venne ricostruito e da allora non ha mai cessato l'attività. Sono bellissime le porte con le serrature originali dell'epoca, le belle chiavi grandi e pesanti nelle toppe e sono favolosi i balconicini di pietra decorata che si affacciano sul giardinetto, dove ora riposano le nostre quattro moto. La cena risulta un po' pesante...così decidiamo di fare un giro a piedi nel cuore della minuscola San Mommè: una chiesa, una fontana a pompa, un bar pizzeria, tanti vicoletti illuminati e decine di gatti ciccioni ed affettuosi! Ma la cena è stata veramente pesantuccia... e finisce che tre su quattro non dormiamo... ma le membra si rilassano ugualmente ed al mattino siamo carichi e pronti ad affrontare una nuova giornata di enduro! Sono da pochissimo passate le otto quando siamo già in fila lungo una veloce ghiaiata, che ci conduce fino a Le Piastre. Da qui una mulattiera ci porta ad una seconda piccola frazione di Pistoia, ancora belle ghiaiate panoramiche fino ad uno stretto passo ovviamente sterrato, con edicola mariana in pietra: c'è una luce stupenda ed ammirando il panorama scorgiamo fra gli alberi una bella torre. Non è lontana e decidiamo di deviare un pochino dal nostro itinerario per andare a scoprirla: si tratta del microscopico paesino di Pontito, 35 anime ed una bella terrazza panoramica con vista sull'altrettanto microscopico Stiappa, immerso nel verde.
 
         
         
 

Torniamo al passo e questa volta seguiamo la pista dell'itinerario originale, verso un luogo per noi incantevole, terra bianca e rosa e maestosi alberi che fra qualche tempo si tingeranno di giallo, arancio e rosso per l'autunno imminente. Un sottobosco veloce ci conduce al bar della frazione Casoli, con bellissima vista sull'imponente Balzo Nero: breve sosta per una bibita ed un'ottima fetta di torta fatta in casa, quindi si riparte in direzione dei Prati Fioriti. Lungo la strada ci concediamo una fresca pausa sulle rocce levigate del letto di un torrente che si incunea davanti a noi in una bella gola ombrosa. L'acqua è ghiacciata e di uno splendido colore verde azzurro e Taddy si fa un bel giretto a piedi nella laguna, l'acqua fino alle ginocchia: stivali fradici per tutto il resto del viaggio! Successivamente ci fermiamo al bar di San Cassiano, dove la padrona, fra una sfornata di torta e l'altra, ci chiede le targhe delle moto e ci compila i permessi che ci autorizzano al transito della prossima pista. Essendo questa di proprietà comunale, viene richiesto a chiunque vi transiti una sorta di pedaggio (5 euro) che andranno a coprire le spese di manutenzione. Volentieri paghiamo questa cifra irrisoria e poi imbocchiamo decisi la spettacolare strada conosciuta col nome "Foce a Lago-Seviglioli", che si inerpica serpeggiando lungo il fianco della montagna. Alcuni punti altamente panoramici ci impongono una sosta fotografica, mentre ammiriamo i bellissimi colori della natura che ci circonda. Lungo la discesa ci immergiamo nuovamente nel bosco, ricco di grosse mucche dall'aria interrogativa che ci seguono col muso mentre lentamente scivoliamo loro in mezzo. Torniamo all'aperto e la pista ora sale di nuovo, le ruote corrono su una terra di un magnifico color rosso sangue.
 
         
         
 
Ci avviciniamo così al bel paesino di Montefegatesi, per giungere al quale seguiamo sottili sentierini appena accennati fra erba e felci alte fino alle ginocchia. In paese ci rifocilliamo ad una bella fontana e poi proseguiamo in direzione dell'oasi dell'Orrido di Botri. In pieno parco, in fondo ad una pista immersa nel bosco, troviamo il Nido dell'Aquila dove sostiamo per un piatto di pasta. Pranziamo all'aperto, l'aria è calda, il clima perfetto, la luce stupenda... la pasta un po' meno... pazienza! Una volta usciti dall'oasi, 8 chilometri di asfalto in salita ci conducono all'imbocco di una meravigliosa ghiaiata: 15 chilometri di pista superba, in salita fino al veramente unico Passo Foce a Giovo e poi in discesa fino a quella che era l'antica dogana fra Toscana ed Emilia Romagna, con tanto di gruppetto di ubriaconi con tende montate che ci invitano a bere con loro un bicchierino... gentilmente decliniamo l'invito, preferendo l'ebbrezza della moto a quella del vino. Lungo la discesa incrociamo un trialista: sale ad una velocità almeno quattro volte la nostra, e nel vederci il suo viso assume un'espressione sbalordta, come se tutto si potesse aspettare fuorchè di incontrare quattro impolverati lumaconi di Bologna a due ruote! Proseguiamo la nostra "passeggiata" in discesa fino all'asfalto. Con esso guadagniamo Fiumalbo e poi ci lanciamo su diversi sterratoni fino a toccare alcuni campi arati, restandone ovviamente ai lati. Pievepelago ci appare verso le quattro di pomeriggio: oggi siamo in perfetto orario! E' così giunto il momento di imboccare la mitica Via Vandelli, una strada storica, miracolosamente ancora quasi tutta in fondo naturale, che porta dall'Abetone fino a Pavullo e che noi oggi seguiremo quasi interamente. In alcuni tratti si presenta come una vera, bellissima e ben tenuta mulattiera, con le pietre sistemate ad opera d'arte e in molti punti levigate per il continuo passaggio dei carri. Passa continuamente dal bosco agli spazi aperti; lungo un crinaletto c'è la lapide dedicata a Celeste Guidoboni, giovane studente partigiano delle formazioni Giustizia e Libertà, caduto durante la guerra nel luglio 1944.
 
         
         
 
Verso l'imbrunire entriamo nella proprietà dell'azienda agricola Belvedere, in quel di Pavullo: è gestita da una simpaticissima nonnina e da sua figlia, che subito ci mettono a nostro agio. La figlia ci conduce presso un bell'edificio rurale, ristrutturato nel 1911, dove ci sono le nostre stanze. Qui ci spogliamo dell'abbigliamento da enduro e, chi in costume chi in mutande, saliamo nuovamente sulle nostre moto per andare verso la piscina dell'azienda... è tutto il giorno infatti che non vediamo l'ora di tuffarci in acqua... ed ora, anche se il sole è ormai sparito all'orizzonte, un tuffo non ce lo toglie nessuno!! L'acqua è ghiacciata e pure sporchina... ma i ragazzi sono coraggiosissimi e si tuffano tutti e tre... io invece mi immergo solo fino a metà coscia e per fortuna a nessuno viene voglia di buttarmi dentro!! Foto di gruppo mentre tremiamo dal freddo e poi via sotto la doccia calda per pulirci e scaldarci! Cena ottima a base di tortelli burro e salvia rigorosamente fatti in casa, tigelle con formaggio, pesto ed insalata e semifreddo ai frutti di bosco. Passeggiata al buio fino alle nostre stanze, ridendo come matti perchè la salita sembra farsi sempre più lunga ad ogni passo e soprattutto sempre più ripida... e infine ci diamo la buonanotte. Dormiremo tutti come sassi! Al mattino, dopo la solita manutenzione alle nostre moto, la signora ci attende col latte munto dalla sua mucca, caffè, pane e marmellata casalinga. Si parte verso le otto, e subito su mulattiere in salita nel bosco. Segue un sottobosco veloce e scorrevole. Verso mezzogiorno arriviamo a Castel D'Aiano, poi imbocchiamo alcune belle piste in direzione di Monte Radicchio. Lunga una discesa di terra con canale insidiose, mi si chiude l'anteriore e vado letteralmente a radicchi anch'io... mi prende un accidente quando mi sento del sangue in bocca... ma è solo la lingua che mi si è squizzata fra i denti durante la caduta. Breve riposo per riprendere la muscolatura contratta del mio povero collo, poi si riprende la pista.
 
         
         
 
 
         
         
   
Nuovi sentieri rocciosi fra gli alberi corrono a cengia al limite della boscaglia, divertenti cunette in pianura e brevi pietraie in discesa ci conducono verso un quadrivio, dove scegliamo una pista che scende sempre più decisa verso una gola fantastica. Scavata da un fiume che ora ovviamente non scorre ma che ha lavorato a lungo nella stagione giusta, questa gola si presenta come un susseguirsi lunghissimo di canaloni spettacolari ed ombrosi scavati nella roccia chiara, il fondo pieno di tronchi e sassoni che ci divertiamo a superare con le nostre moto, strette paraboliche da prendere con un certo gas per provare emozioni nuove. La discesa è bella impegnativa soprattutto per le braccia, ma quando giungiamo all'asfalto quasi ci dispiace che sia finita!
 
         
         
 
 
 
         
         
 
 
 
         
         
 
Ultimo rifornimento di benzina a Vergato, poi pista panoramica fino a Stanco: foto di rito sotto il cartello all'ingresso del paese! Qui pranziamo presso l'unico ristorante, dove si sta festeggiando un battesimo e dove noi restiamo sconvolti dalla confusione e soprattutto dalla quantità di cibo che tutta questa gente riesce a ingurgitare... noi, pur avendo fatto attività fisica, non riusciamo a finire neppure la metà delle crescentine che ci portano! Nel pomeriggio ci aspettano altre piste, altri passaggi di lato a campi arati, altre cavedagne, altri sentieri panoramici con vista sul crinale di Cedrecchia con le sue svettanti pale eoliche, ci riempiamo di quelle palline vegetali che si attaccano a qualsiasi cosa le tocchi e non si staccano più, fino a Monghidoro, dove restiamo per un po' incastrati nella folla che partecipa a non so bene quale sagra paesana, quindi ci allontaniamo decisi verso la Val d'Idice. Raggiungiamo il piazzale di Frassineta dove ci attende la fine della nostra impresa verso le sedici e trenta. Stanchi ma estremamente soddisfatti, ci cambiamo, ci ringraziamo a vicenda e ci salutiamo, dandoci appuntamento ad un prossimo giro tutti insieme. Tirando un po' le somme, questa avventura si è rivelata interessante non solo dal punto di vista umano e paesaggistico ma anche da quello motociclistico; ognuno di noi cavalcava infatti una moto con caratteristiche ben distinte da quelle degli altri, ma tutte unite da un fattore essenziale, la leggerezza: una enduro racing 4 tempi, una enduro racing 2 tempi, una dual sport ed una trial con sella. Nel dettaglio, Alex ha viaggiato con Husqvarna TE 250, Fabio con KTM 125 EXC, Taddy con Honda XR250R e Gloria con Scorpa TY-S 125 Long ride. Abbiamo viaggiato Fuoristrada fra Emilia Romagna e Toscana 90% offroad tra piste, mulattiere e strade sterrate. Abbiamo percorso in tre giorni di Enduro circa 360 chilometri di Percorsi Fuoristrada.
 
         
         
 
 
         
 
Le foto sono di proprietà di TADDY e GLORIA
   
Per Info:
www.iviaggiditaddyegloria.it  
     
 
   

 
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